Il 12 giugno 1804 il governo francese emanava una delle più significative disposizioni in materia di sanità. [1 Notizie tratte da Baradello- Almanacco di Clusone, 1890]La legge doveva avere un effetto immediato in tutto il territorio napoleonico. Il 5 settembre 1806 le disposizioni legali in materia di sepolture, raggiungevano Clusone: si stabiliva che le tombe venissero poste fuori dalle mura cittadine e che fossero tutte uguali, vietando nuove sepolture all’interno delle chiese. Ottemperando alla nuova legge , si fa obbligo al Comune di costruire un nuovo cimitero. Il camposanto viene costruito sulla collina che sorge in mezzo alla campagna, in vicinanza del paese, a destra della strada per chi va verso Rovetta. Nel 1807, il Governo Francese sopprimeva le confraternite, molte delle quali addette alla sepoltura dei confratelli. Il 24 agosto 1812 il Podestà di Clusone invitava i proprietari delle tombe nelle chiese ” a otturarli entro 15 giorni, sotto pena di farli otturare d’ufficio a spese dei proprietari stessi, decorso il termine fissato”. Esisteva comunque il Coemeterium plebis detto volgarmente ” carner” utilizzato per seppellirvi i cadaveri che non avevano tomba di famiglia in chiesa. Il terreno su cui doveva sorgere il nuovo cimitero fu donato da Teresa Marinoni. Fu benedetto nel 1811 e ultimato nel 1821. La nobildonna ” non voleva che quel sacro recinto fosse manomesso e fossero disperse le ceneri di chi vi aveva trovato l’ultimo riposo, lasciandolo in in proprietà all’ospedale, suo erede, con espressa proibizione di convertirlo in uso profano e con l’obbligo di mantenervi la cinta muraria che lo chiude tutto intorno”. Già nel 1844 si dovette ingrandire il camposanto, intervento che fu realizzato sotto la direzione dell’arch. Pier Antonio Castelli. Il nuovo cimitero veniva ad occupare un terreno a ridosso dell’antica Chiesa della Crocetta. Lo stesso anno furono costruiti i sepolcri gentilizi dei Conti Fogaccia e di Angelo Giudici, due sobrie cappelle tuttora esistenti sul lato nord. Nonostante le disposizioni testamentarie, nel 1856 il Comune vendeva il cimitero vecchio donato da Teresa Marinoni che moriva nel 1860.
Nel 1800 le storie si intrecciano: i Francesi indirizzavano una lettera agli amministratori del Comune a proposito delle chiese dei “Morti vecchi” e dei “Morti nuovi”. Si tratta di originalissimi nomi con cui, ancora oggi si chiamano un oratorio e una chiesa nella Selva, erette in memoria dei morti di peste del 1630. La Selva è una estesa pineta dove, al tempo dell’epidemia , si curavano i malati e dove si seppellivano i morti. La prima menzione di una “tribulina” risale al 1767 ( citata ancora nel 1781). Nel 1795 si costruiva una chiesa detta i “Morti nuovi”: il cittadino P. Pietro Antonio Uccelli ne era il depositario, dovendo dipendere dall’ amministrazione francese. Con le elemosine si costruiva una nuova strada “cavalcatoria”, dalla parte verso mezzogiorno. La nuova strada doveva ricordare ai viventi ed ai posteri l’epoca fatale del 1630, quando erano stati sepolti, in questo luogo migliaia di appestati. Nonostante si trovi citata solo nel 1767, una “tribulina”, cioè una piccola cappella con altare, quale ancora oggi si vede; ritengo tuttavia più che probabile che negli anni della peste, per ricordare le centinaia di vittime del terribile morbo, i clusonesi avessero fatto erigere un sacello votivo, di grande semplicità, continuamente restaurato. Come si è già detto, nel 1795 il conte Vittorio Fogaccia e il conte G.B. Carrara Spinelli decidevano di costruire una chiesa, con portico antistante. Alle spese contribuirono con elemosine tutti i cittadini. I lavori terminarono nel 1833 quando il pittore clusonese G.B. Brighenti terminava la decorazione pittorica dell’interno e del portico., pagata L. 210. Sui pilastri del portico vi fu raffigurato uno scheletro con la tiara in testa e l’iscrizione “Nacqui grande ,vissi papa e morii”. Si ignora che sia il soggetto dell’iscrizione. Già nel 1805 Antonio Brighenti , detto Cavagnino aveva cominciato a lavorare gratis. A poco a poco nella comunità cresceva la devozione verso , i defunti, anche da parte dei “forestieri” che colà passavano. Sulle pareti della “tribulina” nel 1784 è documentato che i passanti raccoglievano elemosine e appendevano “ex voto”. Nell’atto poi che volevano dar principio alla fabbrica di detta chiesa, venne in Italia l’armata francese che decise di distruggere chiese e religione. Nel 1799 tuttavia si seppe dell’arrivo dell’armata imperiale a Bergamo. Il Conte Fogaccia, esule a Venezia rientrava a Clusone; pensò in quale maniera si dovesse fabbricare la Chiesa dei Morti. Per tale effetto fu deputato il Sig. Antonio Giudici. Si iniziarono i lavori nel 1801 il giorno di S. Antonio di Padova e il 26 agosto si preparò legname, sabbione, sassi, la calcina. Il cantiere contava 60 operai. In questo anno la Repubblica Cisalpina inviava una lettera a Gian Paolo Dolfin, vescovo di Bergamo:” Costruttosi con elemosine un decoroso santuario nel principio della Selva, desiderando noi sottonotati in pubblico nome, vedersi accordata la licenza onde su quell’altare far celebrare il sacrifici della Santa Messa con tutta umiltà …..” . Nel 1975 venne staccato dalla facciata dei Morti Nuovi un affresco raffigurante una processione di fedeli che dal paese per recarsi alla Selva, per accompagnare gli appestati per la sepoltura. Il frammento si trova sulla parete destra del presbiterio della Chiesa del Paradiso.
Anna Maria Pedrocchi