Il Gran Tour a Roma di Donato Andrea Fantoni

Figura poco nota di artista e di uomo di cultura, Donato Andrea Fantoni (1746-1817) discende da una famiglia di scultori e intagliatori bergamaschi di lunga tradizione, originari e sempre  residenti a Rovetta in Alta Valle Seriana. Nel 1766, allora ventenne, partiva alla volta di Roma per perfezionare il disegno e la scultura. Come era consuetudine, il giovane tenne un diario annotando le varie tappe del viaggio, le città e i paesi visitati, le persone incontrate e tutte le mille osservazioni che un’esperienza così originale poteva sugerigli.  Il documento pertanto sollecita molteplici interessi per la storia dell’arte : attribuzioni e datazioni precise di opere anche inedite; per la storia della critica d’arte : giudizi su artisti e sulle opere d’arte che vedeva. Per la storia delle Accademie di Belle Arti , quella di Francia e quella del Nudo in Campidoglio, il ritrovamento di questo diario è essenziale per la conoscenza  dello scultore e dell’uomo di cultura, attento alle più moderne e rivoluzionarie manifestazioni dell’arte del suo tempo. Anche Donato Andrea Fantoni come tanti altri giovani di ogni parte d’Europa, intraprende il favoloso viaggio. Il linguaggio del suo “Giornale” è fresco, sobrio e scorrevole. La conoscenza  dei Gualdi, nobile famiglia di banchieri bergamaschi, gli procurava un ottimo alloggio nella capitale : la casa dell’editore del più noto e letto almanacco il “Cracas”  gestita da Alessandro Burlini  che abitava  presso Santa Maria della Pace, mentre la stamperia si trovava a San Marco.

Se il diario è un elemento fondamentale per conoscere i quattro anni che Donato Andrea ha trascorso a Roma, la corrispondenza con il padre rivela un coacervo di notizie ed imprese che narrano, giorno per giorno, le esperienze vissute e l’importanza data alla difficoltà di trovare un maestro per imparare la scultura. I rapporti sono particolarmente difficili tra i due scultori contattati: Bartolomeo Cavaceppi e Pietro Bracci.

Il 2 ottobre 1766, nel pomeriggio, essendo ancora libero da impegni di lavoro, Donato Andrea va a visitare San Pietro :”prima però di andare alla chiesa vi è una piazza longa dei miei passi 435, circondata da un colonnato di 156 colonne per cadauna parte, messe quattro a quattro” . Visita tutta la chiesa e i monumenti vicini: l’ obelisco alto 120 palmi, costato ai romani 37.975 scudi romani. Poi salendo vede le due fontane e la facciata con le statue dei dodici Apostoli e del Redentore, fatte di pietra, alte due volte il naturale. Il terzo giorno incontra Monsignor Cherufini: che  disse che sarebbe stato suo impegno il comandarmi: costui gli presenta Paolo Cavaceppi, scultore poco noto, ma molto ricco e  fratello di Bartolomeo . ” Sul più bello Paolo Cavaceppi rispose di “no”.  Ma prima di portare la risposta si era informato da un altro amico, scultore vecchio chi lo aveva da proporre, onde lo pregai a ciò procurasse sotto il Sig. Bracci, quale è il primo scultore di Roma: ” io però finora non lo conosco”. In quel momento il Bracci era fuori Roma così Monsignor  Cherufini lo consigliò ” a fare qualche cosa da  poterla mostrare”. Donato Andrea si era fatto presentare prima al Bracci e non vorrebbe fare triste figura nella scelta con Cavaceppi. Il diniego a costui dipende a mio avviso dal fatto che lo scultore  eseguiva prevalentemente restauri di statue antiche: lavorò a lungo per il Cardinale Albani, suo patrono; inoltre restaurò gli acquisti dei Musei Capitolini sotto i pontificati di Benedetto XIV e di Clemente XIII. A metà Settecento è già un affermato restauratore di fama internazionale; la sua attività si concentra soprattutto nelle copie di sculture antiche e nel loro restauro. Questa attività risulta molto proficua. La  straordinaria raccolta di marmi antichi, terra-cotte, bronzetti e modelli provenienti dallo studio di Bartolomeo Cavaceppi, costituiscono il primo nucleo della Collezione Torlonia.[ Si veda Chiara Piva, La casa bottega di Bartolomeo Cavaceppi, in Ricerche di Storia dell’Arte  70.2000, pp.5- 20 ; S. Adina Meyer, L’arte di ben restaurare. La raccolta di antiche statue di Bartolomeo Cavaceppi, Firenze 2011].

II quarto giorno di permanenza visita l’Accademia di Francia dove il Re mantiene 12 giovani a imparare quattro pittori, quattro scultori e quattro architetti. Per entrare all’Accademia  deve avere una raccomandazione presso il direttore Charles Natoire.  Come si vede Donato Andrea ha sempre bisogno di raccomandazioni che gli permettano di incontrare i personaggi del mondo dell’arte. Tra  i suoi amici più intimi  si trova il bergamasco Giacomo Quarenghi suo coetaneo e legato alla famiglia Fantoni da vecchia data. [Giacomo Quarenghi nelle collezioni della Fondazione Fantoni, I, Quaderni  2, 2018] Sappiamo così che lavorò molto in Italia entrando in contatto con gli artisti residenti a Roma. Qui si trova nel 1761, quando si mette a studiare presso Mengs . La partenza di Mengs per la Spagna  lo fa trasferire nella bottega dell’oriundo bergamasco Stefano Pozzi dove rimane circa tre anni.  Nel 1765 come “pittore” entra nell’Arciconfraternita dei Bergamaschi. Altro suo caro amico fu James Wyatt, architetto inglese , giunto in Italia nel 1762 dove resta per sei anni, studiando anche a Venezia. Nel 1770 rientra a Londra. Infine un altro carissimo amico è il pittore Angelo Zuccarelli, figlio del famoso paesaggista Francesco. Probabilmente restò a Roma fino al 1770, quando fa il viaggio di ritorno in patria, con Donato Andrea. Comunque di lui non si ha alcuna notizia.

“Per  maggior mio comodo poi, ora sto in casa  a modellare. Ho comprato creta alle Fornaci et ho comprato un poco di martello et ho fatto alcune stecche in una bottega; poi il suddetto scultore mio amico qual si chiama Sig. Giovanni Grossi è uomo maturo e già bene in possesso dell’arte, ma per sua disgrazia non ha lavorieri, forse per l’età avanzata. Di questo scultore si hanno poche notizie ma  è documentato nella seconda metà del secolo: tra le sue opere più note c’è il Monumento Funebre del cardinal Carlo Colonna. Risulta poi aver  lavorato ai rilievi della Fontana di Trevi con Pietro Bracci.

Il 6 novembre 1766 Donato Andrea non ha trovato ancora un maestro: e così scrive al padre:” non ho però consumato il tempo malamente che anzi ho atteso a modellare e disegnare et ora pure tengo tre teste, che le conservo per poi portarle a casa, avendole copiate da buono originale, imprestatimi dal consueto Sig. Grossi scultore”. L’8 novembre il Sig. Antonio Calvi (personaggio sconosciuto)gli dice:” Lasciate che questa sera parli con uno qui in Roma, questo è un amico del detto Bracci”.  Così Donato Andrea scrive :”In questo tempo, non sapendo che fare, mi presentai allo scultore dicendogli essere io quello di cui gli era  stato parlato; alle quali parole lui mi disse non saper nulla e che nemmeno lo conosceva il detto Calvi. Io restai di carta e però gli dissi io se mi voleva ricevere sotto la sua saggia direzione e lui mi disse di si, quando però mi fussi fatto conoscere appresso qualche persona qui in Roma, e ciò disse se non altro se non per mia maggiore sicurezza”. Donato Andrea fa l’elenco di tutti i personaggi che conosce a Roma e che possano raccomandarlo; come si capisce tutto si muove con le raccomandazioni: finalmente incontra Mons. Carrara, che è bergamasco, il quale lo accettò. Io subito andai da detto Monsignore che “mi fece servizio” presso il Bracci.  Tuttavia a gennaio 1767 non è ancora riuscito a entrare nello studio del Bracci ,” ora però ci sono arrivato et ho principiato li 5 corrente.

Inizia il suo primo lavoro importante  il 5   gennaio 1767 ed è impegnato a fare un pezzo di piviale della statua di Lambertini, cioè Benedetto XIV, quale statua è alta otto braccia de’ nostri, di marmo di Carrara. Su quel sasso che lavoro io quale sarà circa 800 pesi, ve n’è di un fettone di pesi 120″ e il Bracci ” non si cura di farlo segare, come pur e nell’altro simile al mio, altrettanto ne va in malora. Qui lavoro, come vi ho detto, con la regola dei fili . La sera è venuto il detto Bracci e m’ha chiamato fuori dello studio domandandomi come avevamo da fare circa la giornata. Donato Andrea gli risponde :” quel che piaccia a vostra signoria”. Il maestro rispose: ” vedo che già avete abilità, ma in questi primi giorni io vorrei darvi solo soldi 30 al giorno”. Da questo momento ha inizio la annosa storia relativa allo stipendio, perchè Bracci tende a pagare poco e niente. Nella lettera del 14 febbraio scrive al padre :” Dall’altra mia averete capito che io, dopo lunghi imbrogli, finalmente, in grazia de’ Signori Gualdi, sono entrato a lavorare il 5 gennaio. E la prima settimana il maestro mi diede 30 soldi il  giorno, poi la seconda mi disse che mi averebbe dato due lire; e poi mi disse che di mano in mano che vedrà abilità in me, crescere ancora la giornata. Quantunque però il solito sii di pagare tutti i sabati, pure non ha pagato altro che quella volta e non solo me ma neanche li altri”. Bracci per il deposito del papa riceve 12.000 scudi romani, oltre il marmo, tuttavia lo scultore continua a lesinare la paga ai suoi scolari. Nonostante tutto Donato Andrea ha un buon rapporto con il maestro che gli insegna con carità e gli corregge i disegni che fa all’Accademia.

Il 9 aprile 1768 Donato Andrea scrive:” Io copio in creta un originale da lui medesimo e questo è un bassorilievo con sei/sette figure il quale pure lo voglio far cuocere e portarlo in patria, come pure con l’altro già fatto, copiato da uno del Cavalier Rusconi, e questi me li  ha fatti fare per imparare a dar i tocchi franchi: faccio conto, prima della partenza di pigliare un pò di pratica di tagliar la pietra”.

Il 6 marzo 1768 Bracci ha ancora le stesse statue del deposito e sinora non ha altro, “quali c’è ancora un lavorare grandissimo e, se sono finite per Natale, è quanto basta”.

A Roma  Donato Andrea era venuto per studiare disegno e scultura riuscendo ad entrare nello studio del Bracci dove sarebbe restato per tutto il tempo della sua permanenza. Qui poteva  apprendere dal vecchio maestro più le tecniche ed i procedimenti che non lo stile e la concezione della sua arte, anche se sempre, nelle sue pagine, traspare l’ammirazione particolare e devota per il maestro, considerato un ottimo scultore e ritrattista. Per perfezionarsi nel disegno, come abbiamo visto, inizia a frequentare l’Accademia del Nudo in Campidoglio. Lo studio è concentrato sulle proporzioni e l’anatomia: si studia  osservando in calchi di gesso delle più famose  statue antiche o direttamente sui modelli dal vero. Dai disegni di Donato Andrea vediamo che segue alla lettera questo metodo: studi di panneggio, particolari anatomici, copie delle antiche sculture, disegni dal modello dal vero. L’attenzione maggiore è riservata allo studio della figura umana. Molto interessanti si fanno i disegni eseguiti dopo il 1767 sia all’Accademia del Nudo che a quella di Francia che il nostro frequenta grazie ad un permesso speciale dall’allora direttore Charles Natoire. Nei primi giorni, mentre è alla ricerca di un maestro, Donato Andrea gira per Roma.( A.M. Pedrocchi,  L’album delle statue del colonnato di San Pietro di Donato Andrea Fantoni, in  V. Martinelli ,Le statue berniniane del colonnato di San Pietro, Roma 1987, pp. 232-233)   E in grazia d’alcuni particolari  miei amici e padroni, fui finalmente accettato nello studio del Signor Pietro Bracci, allievo del fu Signor cavaliere Rusconi, qual Pietro Bracci abita alla Trinità de’ Monti, all’Arco della Regina di Polonia. Questo è quel scultore che più degli altri ha lavori e  numerosi scolari, fra cui il figlio Virginio.  Monsignor Cheruffini,  e questo fu il 3 ottobre,  “mi fece gran finezze e disse che sarebbe stato suo impegno il comodarmi e fece e procurò, ma sul più bello a me lo scultore disse un bel “no! e ciò attribuisco a malignità di quei lavoranti. Questo scultore era un tale Paolo Cavaceppi, uomo assai ricco che sembra aver studiato per qualche tempo col Bracci. Portai la risposta a Monsignore e mi disse ” lasciate  la cura a me che vi farò pigliare da suo fratello”. Ma sapendo io suo fratello essere poco bravo, perchè  prima di portare la risposta mi ero informato da un altro mio amico scultore vecchio che li aveva da proponere, onde lo pregai a ciò procurasse sotto il Sig. Bracci, quale è il primo scultore di Roma, io però finora non lo conosco. Fin dall’inizio il Bracci mi mise a lavorare il marmo per qualche tempo. Questo Monsignore mi disse che averebbe parlato, poi ritornai , andai e mi disse che era fuori di Roma in villa, che però dovessi intanto far qualche cosa da poterli mostrare Acciò così imparai la maniera di mettere i punti con quelli telari, come si costuma. Pertanto m’impiegò nel suo studio che aveva al Popolo, dove fa lavorare le statue del deposito di Papa Lambertini che pure va in San Pietro.(1769) La statua del Papa  che va posta sopra l’urna di porfido, fatta a ritratto è di altezza palmi 20, in atto di bened1ire stando in piedi.  Quella incontro poi si lavora dal Signor Gaspare Sibilia fiorentino e rappresenta il Disinteresse.  A proposito si legge nel suo diario: n. 35, 1769, deposito di Papa Lambertini, fatto dell’E.mi Cardinali Creature di San Pietro, li quali, avendo intimato il concorso de’ professori, scelsero il mio disegno avendomi deputato per scultore e architetto di questa spesa, avendo fatto il modellotto di legno  terminato e dipinto , dà la benedizione e con l’altra sta appoggiato sopra sopra il bracciolo della sedia;  come anche aveva scolpito una statua laterale rappresentante la Sapienza sacra, avendo l’altra statua rappresentante il Disinteresse fatta scolpire dallo scultore Sibilla. Costò tutto il deposito in circa a 11.000 scudi. E dopo cinque mesi di lavoro nell’attuale struttura del detto deposito, mi consigliò il detto Signor Maestro Bracci a modelar per due o tre volte l’Ercole Farnese per pigliare buona maniera a caratterizzare le figure, come di fatto eseguii. Terminato il lavoro al deposito, mi misi all’Accademia di Francia a modellar quelle statue con questo ordine. E la sera all’Accademia di Campidoglio a disegnar il Nudo, dove certe sere eravamo al numero di 150. Qui, due volte l’anno si fanno i concorsi e si danno i premi, detti di San Luca, tre in Pittura e tre in Scultura. Il 2 marzo 1770 il padre insiste perchè Donato Andrea ritorni  casa. Doppo di aver disegnato quanto in pittura e scoltura trovava più a proposito per mio studio e doppo comperate 250 stampe delle non sprezzabili e per gli autori e per gli incisori, avendo inoltre ricevute n. 15 fattomi dal caro amico e celebre incisore Sig. Domenico Cunego veronese, ora abita in Piazza di Spagna. Tra i numerosi doni e acquisti aggiunse altro modellino et abbozzo pure in creta dono del Bracci, originale del celebre Sig. Cav. Rusconi; rappresenta questo San Giovanni Minore dal medesimo Cavaliere eseguito in marmo, statua gigantesca in San Giovanni in Laterano, una delle più belle di quel grande uomo. Ebbe poi Donato Adrea la licenza da parte del Sig. Alessandro Bracci, figlio del Sig. Maestro, per estrar questa da Roma, soprintendendo egli a questa carica. Lavorarono al deposito del papa oltre Sibilia, anche Giovanni  Grossi, scultore documentato a Roma nella seconda metà del Settecento e attivo nel cantiere  della Fontana di Trevi con Pietro Bracci nel 1759 terminando nel 1762. La Fontana di Trevi  è uno dei monumenti che visita per primo, già nel 1766. Subentrato a Nicola Salvi il progetto è proseguito da Bracci :”la vasta e ben lavorata Fontana di Trevi, colli tritoni, cavalli marini et il Nettuno in mezzo in piedi et un bassorilievo dalle parti nei riquadri della medesima fontana. Nell’elenco delle opere del maestro per la Fontana di Trevi, non c’è traccia di questo bassorilievo. Comunque utilizza liberamente i bozzetti in gesso eseguiti da G.B. Maini nel 1741, su disegno di Nicola Salvi, fu portato a termine in tre anni (1759-1762). Nel diario del Bracci si legge che i modelli in creta furono da lui fatti “sull’andare di quelli che vi erano di stucco e poi variati a piacere”. La statue per le due nicchie la Salubrità e l’Abbondanza furono eseguiti da Filippo della Valle. I bassorilievi invece sono di Giovanni Grossi e Andrea Bergondi  raffigurante “La fanciulla che indica  ai soldati la sorgente.” Tornando al diario dello scultore, pensiamo che si possa spiegare con un bozzetto che il Bracci realizzò per la fontana, che non fu poi tradotto in marmo, essendo stati preferiti i bassorilievi degli altri due artisti. La fontana costò 17.647 scudi romani e, sebbene terminata nel 1762, sembra che qualche allievo del maestro facesse delle rifiniture, almeno ancora nel 1766.

Anna Maria Pedrocchi