Scrive il Baradello nel suo almanacco,nel1902″: nella Chiesa parrocchiale di Rovetta, in Valle Seriana, trovasi un’opera di Giovanni Battista Tiepolo ,nella quale ebbe a rappresentare un’accolta di parecchi santi , ai quali sovrasta fra le nubi in gloria la Madonna. Il dipinto, eseguito sulla tela, larga ben 2.35 metri e alta m. 390, costituisce la pala dell’altare maggiore. Vi sta, entro ricca inquadratura marmorea a colonne e statue, opera di Gian Bettino Fantoni membro di una famiglia di scultori e intagliatori, noti specialmente nella provincia di Bergamo per le loro opere realizzate ad ornamento di altari, confessionali, sedili, armadi, fra i quali si distinguono per il lavoro farraginoso quelli che sono applicati alle pareti della seconda sacrestia della chiesa di San Martino ad Alzano. E’ probabile che l’opera dell’altare maggiore di Rovetta fosse stata condotta dagli artisti , il pittore e lo scultore di comune accordo, poichè per quanto sopra luogo non si siano trovate altrimenti memorie scritte indicanti quando e per mezzo di chi al Tiepolo fosse stata commissionata la parte sua, pur tuttavia si ricava da un manoscritto antico quivi conservato, che nel 1736 si fece l’ancona per il bel quadro di G.B. Tiepolo ( la tela fu dipinta nel 1734) che è quanto dire in quel giro di tempo nel quale il valente pittore veneto aveva dato prova del suo splendido ingegno decorando col suo ingegno la parte superiore della ristaurata Cappella Colleoni, presso la chiesa di Santa Maria in Bergamo, con le lunette alludenti ad episodi della vita di San Giovanni Battista e le quattro medaglie dei pennacchi che contengono le immagini di quattro Virtù. Nella tela di cui ci occupiamo, che per soggetto si potrebbe qualificare di “Ogni Santi”, egli seppe immaginare quella riunione celeste con grande varietà di gruppi e di singoli atteggiamenti. Mentre sul piano anteriore ,dal lato sinistro si erge la figura austera di San Pietro che innalza nella destra le chiavi del Paradiso e subito dietro a lui, ispirato, s’appoggia alla sua spada San Paolo; occupa il centro del quadro una veneranda figura di vescovo, forse san Narno, primo vescovo di Bergamo nel IV secolo. Fra quelli che si vedono ritti dietro a lui, come assorti fra loro in estasi contemplativa si distinguono facilmente un diacono (Santo Stefano ?) le distanze, apparisce un gruppo di uomini devoti, uno dei quali mostrasi cinto di corona regale. In mezzo di sei altri abitatori delle regioni celesti appariscono a mezza altezza sulle nubi, tutti lo sguardo rivolto all’apertura delle supreme sfere, tenute dalla Vergine accompagnata da angeli. E’ un insieme di grande effetto, come ciascheduno rileva già da quanto ci sa dare la riproduzione fedele dell’originale. Quello che non ci sa dare, come si capisce, è l’armonia e lo splendore dei colori, che non sono senza importanza.in un’opera di così efficace pittore. Armonia e splendore dei colori che fino a due anni orsono erano andati quasi de l tutto perduti, causa i pessimi restauri cui fu sottoposto il dipinto in tempi passati i quali si manifestarono opachi. Quando il quadro infatti fu portato l’anno scorso nello studio del restauratore Valentino Bernardi a Bergamo, presentava il più miserando aspetto, coperto quale si vedeva come da un densissimo velo, che permetteva appena di discernere qualche cosa del soggetto. Che se oggi si si presenta di nuovo in stato da potere essere apprezzato, lo si deve, a onor del vero, al sullodato restauratore, il quale non risparmiò fatiche di sorta per rimettere in buon ordine l’opera d’arte affidata alle sue cure.
E’ noto che il Tiepolo usava preparare in anticipo le sue opere di vaste dimensioni mediante bozzetti che dal più al meno, indicassero il concetto di quello che gli era commesso o che egli aveva in animo di eseguire. Il caso si verifica anche colla pala di Rovetta poichè è appunto un bozzetto per la medesima, con notevoli varianti, una tela di limitate proporzioni che fa parte della raccolta di quadri riuniti nel Museo Poldi Pezzoli di Milano, come vide giustamente pel primo, forse il giovane dottor Guido Frizzoni. Infatti si data 1733.
Questo testo è tratto da un articolo del critico d’arte Gustavo Frizzoni, inserito nell’Emporium del 1902 e così riportato dal Baradello. ( G. Kannes , Gustavo Frizzoni, in D.B.I., 50- 1998)
Il restauro odierno è stato diretto da Amalia Pacia nel 2010, e eseguito da Antonio Zaccaria ,con la relazione pubblicata negli Atti del Convegno di Bergamo 2010. Si veda Amalia Pacia “Giovanni Battista Tiepolo. Il restauro della pala di Rovetta. Storia conservativa, diagnostica e studi sulla tecnica pittorica”
Anna Maria Pedrocchi